
“Ogni volta che nasce un bambino, nascono anche un padre e una madre”: alcune riflessioni sul divenire genitore
“Ogni volta che nasce un bambino, nascono anche un padre e una madre.
E da quel momento crescono insieme in saggezza e virtù; i bambini anche in altezza”.
Carlos Gonzalez, 2014.
Quella citata nel titolo di questo articolo è un’affermazione abbastanza diffusa qui in Italia; evidentemente è conosciuta anche in Spagna (paese nel quale vive e lavora il pediatra Gonzalez) e chissà se in altri paesi. È da quell’affermazione che vorrei cominciare per proporvi alcuni spunti di riflessione sull’esperienza del divenire genitore.
Se state leggendo questo pezzo, significa che in qualche modo il tema vi interessa: magari vi state chiedendo se abbia senso per voi considerare la scelta della genitorialità, oppure l’avete già compiuta questa scelta, e vi trovate in quella zona di confine che è l’attesa di un figlio; forse sperate che questo pezzo possa essere interessante per il vostro lavoro, o magari siete semplicemente dei figli che hanno desiderio di provare a guardare all’esperienza della nascita con gli occhi di un genitore.
“Ogni volta che nasce un bambino, nascono anche un padre e una madre”: se accettiamo questa tesi, potremmo dire che chi si appresta a diventare genitore si trova in un certo senso di fronte ad una rinascita (avere figli non è l’unica occasione per concedersi una rinascita, ma tant’è: oggi siamo qui per alcune riflessioni sul divenire genitore).
Comincerei con una domanda: cosa implica rinascere?
Il termine rinascita ha generalmente un’accezione positiva: “nascere di nuovo” evoca l’avere un’altra occasione, la possibilità di riprendere vigore, suggerisce l’idea di un cambiamento in meglio, di un movimento in avanti, verso un futuro ancora da scrivere.
Ri-nascere implica, in questo senso, una discontinuità rispetto al passato, un andare “oltre” a come stavano le cose fino a quel momento: una seconda occasione che viene data al nostro stesso esistere.
Tuttavia, oltre al fascino per questa opportunità, non possiamo non sentire quel sottile brivido che comporta la possibilità di cambiare e scoprirsi diversi da come eravamo.
Nel caso di una gravidanza è un’esperienza quasi scontata per la donna: la futura madre non può fare a meno di scoprirsi diversa per lo meno sul piano fisico, perché saranno le sue sensazioni e l’immagine riflessa allo specchio che le ricorderanno il cambiamento fisico che sta attraversando.
Ci sono altri cambiamenti, tuttavia, che investono entrambi i genitori, sia nel caso di una gravidanza, sia nel caso di un’adozione. Sono quei cambiamenti che vanno a modificare l’equilibrio personale e familiare e che riguardano il senso di identità di ciascuno e il ruolo che ognuno di noi gioca nelle diverse relazioni. Non sempre è facile ritrovare un nuovo equilibrio di fronte a questi cambiamenti.
Ciascuno di noi gioca contemporaneamente più ruoli: a quello di figlio (che riguarda tutti) si può aggiungere il ruolo professionale, quello di amico, di partner, di zio, di tennista, … Ciascuno di noi interpreta i diversi ruoli a modo proprio, secondo la propria identità, ed è nell’interpretare i diversi ruoli che possiamo trovare conferma di essere il tipo di persona che abbiamo sempre pensato.
Immaginiamo, ad esempio, che Lucia si consideri una persona paziente. Probabilmente ha avuto modo di farsi quest’idea di sé stando in relazione e osservando come è andata quando si è trovata di fronte a situazioni che richiedevano di essere pazienti. Così come possiamo immaginare che Lucia potrà trovare o meno una conferma di questa sua convinzione sempre guardando alle relazioni con gli altri.
È così che ci formiamo un nostro senso di identità: l’identità, infatti, non è “data a priori” ma è costruita attraverso il nostro stare in relazione.
Ora, che succede nel momento in cui si diventa genitore?
Come qualsiasi altro ruolo, ciascuno si troverà a immaginarsi “madre o padre a modo proprio”, ossia in un modo che sia coerente con il tipo di persona che sente di essere.
Come nasce un genitore?
Fino ad alcuni decenni fa il contesto sociale nel quale si cresceva era assai più ristretto rispetto ad oggi ed era caratterizzato da una minor varietà di modi di crescere i figli e di pensare la genitorialità. C’erano meno dubbi rispetto a come si dovesse essere madre o padre, perché si erano visti altri adulti crescere bimbi, in famiglia o nel vicinato, e non si conoscevano altri stili educativi se non quelli diffusi nel luogo in cui si viveva.
La quantità di informazioni alle quali abbiamo accesso oggi, insieme alla possibilità che tali informazioni giungano anche da culture molto lontane dalla nostra (ad esempio attraverso i social), ci permettono, da un lato, di avere maggiori possibilità di scelta rispetto a come essere madre o padre. D’altra parte, tuttavia, possono esporre a maggiori dubbi rispetto a quale sia il modo migliore per essere genitore e, spesso, diventano fonte di discussioni con altri familiari che magari non comprendono il senso di alcune scelte.
A chi si appresta a diventare genitore non mancano le occasioni per formarsi e per risolvere a modo proprio i dilemmi riguardo agli aspetti più pratici della genitorialità: se sia meglio lasciar piangere il bambino o prenderlo in braccio, come proporgli i cibi solidi, se crescerlo con premi e punizioni o cercare la sua collaborazione, etc.
Quello che non andrebbe dimenticato, nel prepararsi a questo nuovo ruolo, è che divenire genitore ci porta sì ad una revisione del nostro “agire quotidiano”, ma soprattutto del nostro modo di stare in relazione.
Tanto per cominciare, prima di allora si è in due: c’è la coppia, che pian piano deve fare spazio al bimbo in arrivo.
Fare spazio significa immaginare, ad esempio, in che misura saremo disponibili ad accogliere i bisogni del nuovo arrivato. Non a tutti risulta ugualmente facile prendersi cura di qualcuno. Adesso che ci permettiamo di scartare l’idea dell’esistenza di un “istinto materno”, ci si può raccontare come sia molto difficile, in particolare per alcuni di noi, dedicarsi incondizionatamente alla cura di qualcun altro. Anche se è un figlio e anche se questa cura incondizionata non durerà in eterno.
Forse perché anche in altre relazioni non siamo noi quelli sui quali contare (tranquilli, i nostri pregi saranno altri!), perché siamo noi ad aver sempre contato su qualcun altro nella nostra vita; o magari siamo persone che quando decidono di esserci per qualcuno sentono una responsabilità talmente grande da non potersi permettere di essere punto di riferimento per più di poche persone.
Fare spazio al bimbo è anche considerare che insieme al piccolino stanno per nascere almeno altre tre relazioni tra le mura domestiche: la relazione mamma-bambino, papà-bambino e madre-padre-bambino.
Le numerose domande che ci si pone nel periodo dell’attesa, infatti, raccontano proprio di questi cambiamenti: “che tipetto sarà il nuovo arrivato?”, “come sarà il mio partner come padre/madre?”, “chissà cosa combineremo in tre”.
Allargando un altro po’ il nostro sguardo sulla scena di questo nuovo arrivo, ci accorgiamo che altre relazioni sono implicate nel cambiamento.
Ci sono dei genitori che si ritrovano ad essere nonni (senza neppure averlo scelto) e ci sono figli che diventano a loro volta genitori.
“Eravamo figli e adesso siamo genitori. Sono passati tanti anni, ma così poco tempo, che a volte ci sorprendiamo del cambio di ruolo. Improvvisamente guardiamo la nostra infanzia e i nostri genitori sotto una nuova luce”, scrive Gonzalez (2005).
Quanto scritto fin qui non ha alcuna pretesa di essere esaustivo. Mi auguro, al contrario, che susciti ulteriori riflessioni e curiosità.
C’è modo di prepararsi a diventare genitori tenendo conto di tutto questo?
Un confronto con chi sta affrontando lo stesso passaggio, o con chi è già genitore, può essere un buon inizio, soprattutto se ci si permette di raccontarsi le proprie paure e difficoltà.
C’è poi la possibilità di elaborare in termini più personali le implicazioni del divenire genitore, attraverso consulenze psicologiche individuali o di coppia, o partecipando a gruppi focalizzati sui cambiamenti identitari e relazionali che la genitorialità porta con sé. Il gruppo, in questo, è una grande risorsa proprio perché colloca qualsiasi tema in un contesto di scambio e supporto reciproco, e permette di sfruttare quel gioco di specchi con il quale possiamo scoprirci proprio attraverso lo sguardo che l’altro posa su di noi: chissà quali risorse per la nostra futura genitorialità potremmo trovare negli occhi e nei pensieri di chi ci sta accanto!
Bibliografia:
- Carlos Gonzalez (2014). Genitori e figli insieme. Dall’infanzia all’adolescenza con amore e rispetto. Il Leone Verde Editore.
- Carlos Gonzalez (2005). Besame mucho. Coleman Editore.
- Alessandro Volta (2013). Mi è nato un papà. Anche i padri aspettano un figlio. Feltrinelli Editore
Immagine di Julian Hochgesang da Unsplash
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